Letture di gennaio – wrap-up di inizio anno

Buongiorno a tutt*!

Sto ancora dietro ai cosplay e ciò ha cannibalizzato moltissimo del mio tempo dedicato tanto alla lettura che alla scrittura del blog.

A gennaio sono stato tutto sommato bravino: ho letto 6 libri (3 dei quali in formato audiolibro) e 10 volumi a fumetti. Addirittura di diverse di queste opere ho già parlato qui nel blog. Mi farei un applauso da solo se non fossi sicuro di sbattere inavvertitamente contro qualcosa.

Per quanto riguarda i libri, ho iniziato il mese, e di conseguenza anche l’anno, con un romanzo che ho visto spammato ovunque, ossia “Teddy” di Jason Rekulak. Non mi perderò in chiacchiere perché ne ho già parlato nell’articolo a lui dedicato. Dico solo che non capisco l’hype ed anche bypassando il sottotono bigotto del racconto alla fine della fiera non è tutto questo granché.

Molto divertente e coinvolgente, seppur breve, è stato invece “Uccidere il padre” di Amelie Nothomb. A me la Nothomb piace e tanto, anche se spesso i suoi libri sono molto brevi risultano sempre ricchi di inventiva e ben strutturati, anche se un po’ fuori dagli schemi della realtà e questo libro l’ho trovato veramente piacevole. Anche per questo racconto ho scritto un post.

Tra gli ebook ho letto anche “Doppio Strato” di Eliana Matania Ruggiero. Si tratta di un romance MM piuttosto basilare, breve e senza troppe pretese. L’ho letto ma devo dire che purtroppo non mi ha entusiasmato però per chi apprezza il genere potrebbe essere una lettura leggera e di passaggio per rilassarsi.

Veniamo invece agli audiolibri che mi sono tenuto in sottofondo mentre smadonnavo dietro ad aghi, colla vinilica e foam. Si tratta di tutti romanzi di Agatha Christie. Ho inaugurato questa tradizione degli audiolibri con Poirot e Miss Marple proprio perché sono piuttosto semplici e anche piacevoli da seguire se raccontati oralmente.

Il primo audiolibro che mi sono ascoltato è stato “Aiuto, Poirot!” che non avevo mai letto. Molto carino ma forse un po’ forzato in alcuni punti (come ho spiegato meglio nell’articolo dedicato). Ho poi letto “Poirot a Styles Court” e “C’è un cadavere in biblioteca”. Avevo letto entrambi i romanzi una quindicina d’anni fa. Non mi avevano fatto impazzire allora e non mi fanno impazzire adesso ma, come un tè economico al pomeriggio, riesco comunque a godermeli. Sono dei classici del genere giallo che consiglio a tutt* prima o poi di recuperare.

Cover del primo volume di “Assassination Classroom”

Per quanto riguarda la frazione fumetti ho provato a fare un salto nel vuoto leggendomi i primi sei volumi di “My Dress-Up Darling” di Shinichi Fukuda. Un salto nel vuoto piuttosto scemo. Come storia non è male e anche alcune illustrazioni sono carine ma c’è talmente tanto fanservice che mi sono stufato ed ho deciso di dropparlo. Ne ho parlato qualche tempo fa qui.

Dato che, come anticipato in un post sui buoni propositi, ho un sacco di roba ancora da leggere, sto cercando di svuotare la TBR che ormai da anni staziona in uno scaffale della mia libreria. Per questo mese mi sono dato a “Demon Slayer” di Koyoharo Gotouge di cui ho letto il numero 21. Dovremmo essere in dirittura d’arrivo dato che la serie completa conta 23 volumi.

A dirla tutta mi viene da dire “e meno male”, probabilmente non avrei continuato se fosse durato di più. Non lo so, è carina come serie ma onestamente non riesco a capire come mai abbia generato tutto questo seguito. Mentre per “My Hero Academia” me lo spiego, per questo onestamente fatico. I disegni sono carini ma niente di impressionante, anche la storia onestamente non è che sia tutto questo granché. I personaggi sono caratterizzati, per carità ma nulla di straordinario. Ho visto solo qualche puntata dell’anime, magari quello è realizzato bene.

Sempre sulla scia del completamento, ho letto il numero 15 de “La legge di Ueki” di Tsubasa Fukuchi. In questo modo mi è rimasto solo il volume finale. Come serie è un po’ vecchia, è carina come shonen ma devo ammettere che negli ultimi volumi si sta rivelando un po’ troppo piatta e con dei plot-twist forse un po’ troppo calcati.

Voglio chiudere questo post in bellezza. Ho iniziato finalmente a leggere “Assassination Classroom” di Yusei Matsui. Una serie che ho sempre snobbato finché, totalmente a cazzo, non mi sono sparato la prima stagione dell’anime intera (roba che sapete essere piuttosto rara per me). Mi sta piacendo ma sono solo al secondo volume e vorrei finirla prima di parlarne. Ho comunque già iniziato a scrivere l’articolo in proposito. Spero di poterlo pubblicare presto.

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“My Dress-Up Darling” – messed-up fanservice

Buongiorno a tutt*!

Il 2023 è appena iniziato ed io ho fatto una cappella talmente grossa che Michelangelo mi è apparso in sogno per farmi i complimenti.

Tra i miei buoni propositi c’era quello di finire prima le letture in corso o in tbr e poi, eventualmente, acquistare altro. Non siamo neanche a fine gennaio e già ho cannato: ho acquistato i primi 6 volumi di un manga che non mi aveva mai ispirato e che, in effetti, mi fa cagare!

Oggi voglio parlarvi dei primi 6 volumi di “My Dress-Up Darling” (その着せ替え人形は恋をする) di Fukuda Shinichi. Si tratta di un manga seinen di tipo romantico pubblicato per la prima volta in Giappone nel 2018 sulla rivista Young Gangan. Il manga arriva in Italia nel 2022 edito da J-POP. Si tratta di una serie ancora in corso anche in madrepatria e ancora non si conosce il numero dei volumi della serie completa.

Trama

Il nostro protagonista è Wakana Gojou, uno studente delle superiori che vive con suo nonno e lo aiuta nella sua bottega in cui producono bambole tradizionali. Questo per Gojou non è solo un lavoretto ma una passione, si diverte molto a creare queste bambole, in particolare è bravo a cucirne i vestiti.

Kitagawa nella copertina del primo volume

A causa di questa sua particolare passione da bambino ha subito una brutta scossa in quanto è stato maltrattato da una compagna di classe e da quel giorno è rimasto un ragazzo piuttosto chiuso in se stesso.

Goujo non ha molti amici, indossa i vestiti da lavoro anche quando deve uscire e non si avvicina alle ragazze. Insomma, fa di tutto per rendersi invisibile agli occhi degli altri. Un giorno però, mentre è in disparte che aggiusta un costume per una bambola viene avvicinato da Marin Kitagawa, una ragazza molto popolare ed anche la più carina della classe. La ragazza rimane ipnotizzata dalla bravura di Goujo e, sena pensarci, gli chiede se può aiutarla a realizzare un cosplay.

Capirai, a Gojo non sembra vero che questa ragazza popolare abbia scelto proprio lui e non riesce a dirle di no, così realizza il primo costume per Kitagawa tratto da un videogioco. Dopo questa prima frequentazione dove i due vanno anche ad una fiera cosplay insieme, i due cominciano a vedersi sempre più spesso realizzando un costume dietro l’altro.

Da semplice sarto, Gojo prende anche la mano come truccatore e si presta anche a fare le foto a Kitagawa che poi le pubblica sui social.

Mentre Gojo è cotto di lei da pagina zero, Kitagawa ci mette un po’ a realizzare (tipo due pagine in più) che il compagno di classe le interessa. Solo che siamo in un rom-com per ragazzi e quindi i due la tireranno alla centocinquantuno perché pensano invece di parlarsi. Ovviamente nel mezzo passeranno altri ragazzi e ragazze che servono a far ingelosire ora l’uno e ora l’altra creando dei triangoli amorosi in realtà fittizie e fanservice reale.

Impressioni personali

Il fatto di aver speso più di trenta euro per questi sei volumi mi fa incazzare. Il fatto che io abbia pensato che fosse una buona idea iniziare questa serie senza saperne niente e senza che nemmeno mi ispirasse mi fa venire voglia di piantare chiodi nel muro a craniate. Essere così stupidi dovrebbe essere impossibile, eppure.

Partiamo da un presupposto. Il manga visto nella sua interezza non è brutto, anzi. Devo dire che la passione per il cosplay è trattata abbastanza bene, ci sono un sacco di riferimenti alla sartoria e ci vengono mostrate le difficoltà che possono sorgere nel confezionamento di un costume. Ho trovato molto carino il fatto di mettere Kitagava in un cosplay diverso in ogni copertina e che venisse dato un minimo di contesto attorno alla scelta dei personaggi.

Per motivi (immagino) di copyright, l’autore non può inserire citazioni letterali ad altre serie, quindi crea dei franchise originali all’interno della storia che però richiamano determinati archetipi di manga, anime e videogiochi che tutti noi troviamo negli scaffali.

Nel primo volume soprattutto le inquadrature di culi, mutande e tette a caso è una roba invereconda. Il problema è che queste cose non sono manco funzionali alla trama o allo sviluppo dei personaggi… no. Fanservice puro e semplice e anche di pessimo gusto, se posso permettermi. Ci sono un sacco di scene del genere e onestamente vanno a rovinare una storia che sarebbe anche carina.

C’è un personaggio di un picchiaduro, la cattiva di un anime con le Majokko e la protagonista dispettosa di un manga umoristico. Tutti prodotti che, dato il contesto sociale dei protagonisti, hanno senso che questi vi siano attratti. Almeno quasi sempre. Il primissimo personaggio di cui Kitagawa vuole fare il cosplay è quello di un gioco che viene fatto intuire sia un videogioco erotico esplicito (mi sa che Fraws fece la recensione di un titolo simile sul suo canale anni fa). Ora, non viene mai ben fatto capire come mai questa sia così ossessionata da un videogioco simile (cosa che invece con l’anime delle majokko viene fatto). La ragione è semplicemente una: il fanservice.

La “gag” delle palpazioni casuali, della ragazza fissata con le tettone etc. è vecchia, quel vecchio che ormai puzza di stantio. E adesso ho 6 volumi si sta cosa che mi vergogno a tenere in casa e a vendere.

Lose-lose.

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“Butterfly Effect” si è concluso, impressioni finali

Buongiorno a tutt!

Alla Games Week ho recuperato l’ultimo volume di “Butterfly Effect” di Giulia della Ciana. Avevo parlato della serie a giugno in occasione del pride month, ignaro del fatto che qualche mese dopo sarebbe arrivato a conclusione.

Trovate l’articolo sulla serie qua, in questa sede vado ad illustrarvi un po’ quelle che sono le mie impressioni finali sull’ultimo volume e sulla serie in toto.

Trama

Sarò breve perché ne ho già parlato, rinfresco giusto la memoria a chi non ha voglia di riprendere in mano il mio vecchio articolo.

Ania d’Amico è una studentessa del liceo artistico che aspira a diventare una mangaka. È piuttosto riservata e che fa fatica nelle amicizie. Questo suo muro di diffidenza (rappresentato come la torre di Raperonzolo) viene buttato giù nel momento in cui incontra Stephanie Grandi, sua coetanea, figlia della preside della scuola che sembra avere un carattere indomito e sprezzante anche se nasconde diverse fragilità.

Le due diventano migliori amiche e Ania riesce ad aprirsi, si fa degli amici e perfino un ragazzo ma il sentimento che prova per Steph è qualcosa di molto forte, qualcosa di diverso rispetto alla semplice amicizia.

Il sentimento è reciproco ma riuscire ad elaborarlo non è semplice. Quando le protagoniste fanno un passo effettivo in questa direzione si scatena un effetto a catena sulle loro relazioni che va a mettere in crisi gli altri rapporti già esistenti. C’è chi li accetta, chi si arrabbia è chi arriva a compiere azioni disdicevoli per mera vendetta.

Questo tornado di emozioni e relazioni si placa in quest’ultimo volume in un finale tutt’altro che cliché. Le protagoniste riescono a venire a patti con i loro sentimenti ma, complice anche la situazione geo-sociale dell’epoca (il fumetto è ambientato in Italia nel 2011 circa), optano per altre strade anche se rimangono unite e continuano ad essere più che amiche.

Spoiler

Metto un blocco a parte così in caso lo saltate.

Alla fine di questo viaggio, sebbene Ania non neghi i suoi sentimenti per Steph, si mette insieme a Dante il quale accetta il fatto che tra la sua fidanzata e la sua amica ci sia un sentimento amoroso. Anche Steph mette da parte la sua possessività perché in fondo, vuole solo il bene di Ania.

Il manga si conclude con i ragazzi diventati adulti che vanno a trovare Ania al suo stand al Romics dove è presente in qualità di autrice, proprio come aveva sempre desiderato.

Impressioni personali

Butterfly Effect” è una specie di comfort manga e me lo rileggo periodicamente. Saranno i disegni o le ambientazioni molto “domestiche” per così dire, non lo so, comunque è una di quelle storie che rileggo volentieri (alla faccia di “My Hero Academia” che è ormai diventato un soprammobile).

Ho letto diversi malumori rispetto al finale, che non si chiude come immagino ci si aspettasse. In effetti è vero ma secondo me questa chiusura è molto più efficace e lascia anche un bel messaggio positivo, facendo un enorme gesto dell’ombrello alla possessività e alla gelosia che sembra essere componente imprescindibile in una relazione.

Il fatto che tutte le parti coinvolte siano a posto con la situazione che si è venuta a creare e che, sopratutto, i protagonisti siano sereni è indice della maturazione dei personaggi nel finale nonché conseguenza di tutto ciò che gli è successo. In realtà, già dal primo volume un minimo si intuiva la possibilità di un finale del genere e secondo me questo fa molto onore all’autrice che ha dimostrato di saper gestire delle situazioni complesse utilizzando la giusta leggerezza.

Ammetto che più volte durante la lettura dei volumi precedenti mi sono ritrovato a storcere il naso e questa sensazione era viziata dal fatto che non guardavo l’opera nel suo complesso.

Ania autrice al termine del fumetto

Ogni personaggio, anche il più negativo, alla fine della storia trova un suo percorso di maturazione.

Un finale non netto ma che riesce a catturare e rappresentare la complessità e la varietà della vita e delle relazioni umane. Riuscendo a confermare il talento e il duro lavoro dell’autrice.

Sono felice che questa storia finirà pubblicata sul mercato estero. Non sono molto patriottico ma qui siamo di fronte ad una bella rappresentazione per l’Italia.

Oltre alle polemiche sul finale, qualcuno si è lamentato del fatto che il manga rientri nella categoria “Yuri” quando on realtà non lo è. Ora non ho letto molto del genere Yuri giapponese ma mi viene da dire anche grazie al cazzo che è diverso. Il mercato editoriale italiano e quello giapponese sono diversi, il fumetto è ambientato in Italia e onestamente, partire dal presupposto che o si rispettano i canoni di un genere giapponese o non se ne fa niente è una visione limitata (e da finti puristi, perché i puristi del manga giapponese i volumi di altri paesi non li leggono). Rega, non è che tutta la produzione giapponese sia oro colato. Poi non è che il fumetto è stato etichettato come fantasy quando in realtà è un thriller politico, rientra comunque nel genere assegnatogli, sarà atipico ma non totalmente avulso.

Tirando le somme, so che l’autrice sta lavorando alla stesura di una Perfect Edition con capitoli extra ed un restilying, chiamiamolo così, dei primi volumi (il primo è uscito circa dieci anni fa) che rispetto a quelli recenti hanno inevitabilmente uno stile più acerbo. Io attendo trepidante l’uscita (il mio portafoglio un po’ meno).

Fonti immagini

Le altre foto in realtà le ho scattate col telefono al volume cartaceo.